Le invasioni barbariche
La città fu esente dai primi terrori delle invasioni
313
Già sotto Marco Aurelio (161-180 d. C.) i Quadi e Marcomarmi erano riusciti a spingersi oltre le Alpi orientali fino a distruggere Opitergium (Oderzo) ed assediare Aquìleia mentre britanni, germani e persiani si facevano minacciosi ai confini. La decadenza dell'Impero comincia a farsi sentire sotto Commodo (180-192) e, pur avendo una battuta d'arresto durante il regno di Settimio Severo (193-211), le legioni continuano a reclamare una partecipazione al comando dello stato. Dopo Caracalla (211-217) l'anarchia dell'esercito impone una serie di imperatori tra i quali gli unici a emergere sono Diocleziano (284-305) e Costantino (312-337) che con il suo editto del 313 apre al Cristianesimo.
395
Poi, dopo un'altra serie di traversie, l'Impero finisce in mano a Teodosio (379-395) che alla sua morte lo divide tra i figli Arcadio, al quale tocca la parte d'Oriente, con capitale Bisanzio alla quale appartiene Trieste con suo territorio
ed Onorio, che riceve quella Occidentale.
Queste due parti sono separate in Europa dal fiume Drina, affluente della Sava, e dal Boiana che sbocca nel lago di Scutari; ed in Africa sono grosso modo divise dalla Grande Sirte. Rimangono all'Impero d'Occidente la Prefettura Italica e quella delle Gallie; vanno a Bisanzio la prefettura d'Oriente e l'Illiria. Quest'ultima, limitata ad ovest dall'Adriatico, dall'Egeo, dal Mar Nero e dal Danubio, è l'area in cui prevarranno la cultura e la lingua greca. Tergeste, ancora inclusa nella prefettura d'Italia, rimane — e rimarrà sempre — legata alle tradizioni, alla lingua e alla cultura latine, e manterrà intatti questi legami non solo nel turbine delle invasioni barbariche, ma anche in seguito, quando vedrà minacciata da preponderanti influenze straniere la sua limitata autonomia di modesto comune medioevale.
La decadenza e la spaccatura dell'Impero lasciano pressoché senza difesa la porta orientale d'Italia di fronte alle molte genti che premono alle frontiere, e che si possono distinguere in quelle di razza germana (Alemanni, Franchi, Vandali, Eruli, Longobardi, Borgognoni, Visigoti ed Ostrogoti, Gepidi), e quelle di sangue slavo o di provenienza orientale (come, gli Alani, i Quadi, i Sarmati, i Bulgari, gli Unni).
Ci limitiamo qui ad indicare a grandi linee gli avvenimenti storici salienti che li videro più vicini a Trieste.
Nel 401 Alarico con i suoi Visigoti (o Goti dell'Ovest) penetra in Italia, invano contrastato da Stilicone, e nel 408 arriva fino a Roma mettendola a sacco. Poi passa in Gallia e Spagna, mentre nella stessa epoca i Vandali s'impadroniscono dell'Africa settentrionale.
476 BIZANTINI
Una decina di anni dopo la deposizione di Romolo Augustolo (con il quale nel 476 termina la serie degli imperatori di Occidente) entra in Italia Teodorico re degli Ostrogoti (o Goti dell'Est), il quale riesce ad occupare gran parte della penisola e s'insedia a Ravenna. Per quanto retto da un "barbaro", bisogna riconoscere che il suo governo concede ai vinti di continuare a reggersi nei loro istituti municipali e mantiene l'ordine e la pace nelle sue terre; tra le quali è Trieste. Alla morte di Teodorico (526) l'imperatore Giustiniano, il grande bizantino, ne approfitta e, per il merito del suo generale Belisario, riesce dopo lunga guerra a prendersi il Ravennate, la Venezia e l'Istria, e le affida ad un esarca.
452 Attila
Nel 452 Attila, che era entrato in Pannonia al posto dei Visigoti, supera il facile varco di Nauporto (oggi Vrhnika vicino a Lubiana), trascura la piccola Tergeste, assedia e distrugge -dopo tre mesi di assedio Aquileia, ma poi si ferma con i suoi Unni al Mincio (si dice per merito del pontefice Leone I).,
In tutte queste invasioni, anche in quella dei feroci Unni, Tergeste viene lasciata in disparte ed è risparmiata; evidentemente perché i barbari, attratti dalla splendida pianura aquileiese che dall'alto dei monti s'apre alla loro vista, non si curano della cittadina, ripiegata sotto il Carso ed impoverita dalle guerre, che rimane fuori dalla loro direttrice di marcia.
Le vicende triestine successive al 476 vanno legate con quelle che coinvolsero la regione istriana. La scarsa importanza ricoperta da Trieste nel più ampio quadro dei fatti accaduti in quegli anni, non permette di tracciarne uno autonomo, almeno fino all'XI sec.Dapprima le invasioni guidate da Attila, che non incontrarono valida resistenza, che provocarono danni non indifferenti (si pensi alla distruzione di Aquileia nel 453), ma che certamente provocò effetti che si accompagnarono a quanto già lo stato di degrado aveva provocato nelle città. Come la ricchezza della regione era coincisa con il periodo di maggior prosperità di Aquileia, così il suo declino si legò alla decadenza del centro romano: lo stato di abbandono in cui versavano i pubblici servizi, la trascuratezza e l'incuria per i monumenti, la sostanziale stagnazione del settore economico erano i dati conclamati di una fine ormai prossima.
Nel 539 Giustiniano riprende ai Goti le terre istriane e l'Esarcato, le le riporta all'Impero di Bisanzio assieme alla Venezia.
venerdì 23 novembre 2007
storia di trieste periodo romano
LE GUERRE DI ROMA CONTRO GLI ISTRI
Con gli Istri invece la relazione fu più definita, almeno per ciò che riguarda l'assodata ostilità esistente.Complessità, va subito evidenziato, non tanto nella ricostruzione delle iniziali ostilità, quanto sulle motivazioni che condussero alla fine di queste e all'acquisizione da parte istriana dello status di colonia. Roma condusse nei confronti degli Istri due guerre. La prima fra il 221 e il 220, la seconda tra il 178 e il 177 a. C. Sul primo fatto bellico non vi sono descrizioni accurate quanto sul secondo. La scarsità di prove di qualsivoglia natura può affidare ogni ricostruzione solamente a delle ipotesi più o meno realistiche.Sul secondo evento bellico invece i particolari sono maggiori. Le motivazioni possono essere ricondotte a quella lotta alla pirateria, che gli Istri avevano esercitato sulle coste e contro le navi romane. Motivazione che starebbe alla base anche del primo conflitto. Per quanto riguarda la pirateria degli Istri va segnalato, come questa attività, a cui in epoca moderna si è voluto conferire una funzione pressoché negativa, per l'epoca almeno agli occhi degli Istri rappresentasse un atto di vero e proprio eroismo.Sulla seconda guerra contro gli Istri, le ricostruzioni sono affidate alla ricostruzione dello stroico latino Tito Livio, sulla cui attendibilità soprattutto per ciò che concerne i caratteri geografici delle vicende narrate, taluni dubitano. Risultano però alla fine essere l'unico riferimento su cui azzardare qualsivoglia ricostruzione storica. Nell'ambito del conflitto del 178-177, maggiori particolari vennero forniti dallo storico romano, soprattutto per ciò che concernette la battaglia del Timavo vinta dai Romani. A questa generosità di particolari si oppone una povertà di riferimenti che invece sono dati per il secondo anno di guerra. Su questa differenza si possono formulare ipotesi, tra cui non può essere escluso oltre all'utilizzo di una diversa fonte, anche ragioni di real politik tendenti a celare probabili comportamenti scorretti di Roma nella conclusione di un conflitto che venne portato a termine: vuoi con la diplomazia o forse con l'uso della forza, o con probabili tradimenti di eventuali accordi stipulati.In proposito sembrerebbe che il Console Vulsone, ansioso di concludere il conflitto prima dell'arrivo del Console Pulcher, avesse dato ordine ai suoi di uccidere tutti i capi istriani, che puntualmente vennero giustiziati dopo flagellazione e di vendere tutti i sopravvissuti al fine di accrescere il bottino di guerra. L'Istria rimase comunque, con ogni probabilità indipendente, tanto è vero che qualche anno più tardi su richiesta di Aquileia, vennero inviati da Roma rinforzi a difesa contro gli Istri, evidentemente ancora in grado di nuocere.Nonostante Roma avesse usato il pugno di ferro per fiaccare la resistenza istriana, il Console Vulsone,infatti aveva ordinato di uccidere tutti e di non fare prigionieri perché fosse di esempio per i sopravvissuti. Lo stesso re Epulo scelse la via del suicidio. Gli altri capi vennero decapitati dopo aver subito la flagellazione, mentre gli altri soldati sopravvissuti vennero venduti insieme alla cittadinanza arricchendo il bottino di guerra romano. conosciuto il destino dei suoi soldati. Una delle ragioni per cui T. Livio sorvola su questi particolari, potrebbero essere le gelosie esistenti fra Vulsone appunto e il Console Pulcher, di cui si voleva anticipare l'arrivo con la vittoria definitiva sull'Istria.A questa conseguì una gestione molto dura da parte di Roma, con una rigorosa politica fiscale che certo non rese più graditi i nuovi dominatori. Gli Istri quindi attendevano solo il momento propizio per ribellarsi.
Con gli Istri invece la relazione fu più definita, almeno per ciò che riguarda l'assodata ostilità esistente.Complessità, va subito evidenziato, non tanto nella ricostruzione delle iniziali ostilità, quanto sulle motivazioni che condussero alla fine di queste e all'acquisizione da parte istriana dello status di colonia. Roma condusse nei confronti degli Istri due guerre. La prima fra il 221 e il 220, la seconda tra il 178 e il 177 a. C. Sul primo fatto bellico non vi sono descrizioni accurate quanto sul secondo. La scarsità di prove di qualsivoglia natura può affidare ogni ricostruzione solamente a delle ipotesi più o meno realistiche.Sul secondo evento bellico invece i particolari sono maggiori. Le motivazioni possono essere ricondotte a quella lotta alla pirateria, che gli Istri avevano esercitato sulle coste e contro le navi romane. Motivazione che starebbe alla base anche del primo conflitto. Per quanto riguarda la pirateria degli Istri va segnalato, come questa attività, a cui in epoca moderna si è voluto conferire una funzione pressoché negativa, per l'epoca almeno agli occhi degli Istri rappresentasse un atto di vero e proprio eroismo.Sulla seconda guerra contro gli Istri, le ricostruzioni sono affidate alla ricostruzione dello stroico latino Tito Livio, sulla cui attendibilità soprattutto per ciò che concerne i caratteri geografici delle vicende narrate, taluni dubitano. Risultano però alla fine essere l'unico riferimento su cui azzardare qualsivoglia ricostruzione storica. Nell'ambito del conflitto del 178-177, maggiori particolari vennero forniti dallo storico romano, soprattutto per ciò che concernette la battaglia del Timavo vinta dai Romani. A questa generosità di particolari si oppone una povertà di riferimenti che invece sono dati per il secondo anno di guerra. Su questa differenza si possono formulare ipotesi, tra cui non può essere escluso oltre all'utilizzo di una diversa fonte, anche ragioni di real politik tendenti a celare probabili comportamenti scorretti di Roma nella conclusione di un conflitto che venne portato a termine: vuoi con la diplomazia o forse con l'uso della forza, o con probabili tradimenti di eventuali accordi stipulati.In proposito sembrerebbe che il Console Vulsone, ansioso di concludere il conflitto prima dell'arrivo del Console Pulcher, avesse dato ordine ai suoi di uccidere tutti i capi istriani, che puntualmente vennero giustiziati dopo flagellazione e di vendere tutti i sopravvissuti al fine di accrescere il bottino di guerra. L'Istria rimase comunque, con ogni probabilità indipendente, tanto è vero che qualche anno più tardi su richiesta di Aquileia, vennero inviati da Roma rinforzi a difesa contro gli Istri, evidentemente ancora in grado di nuocere.Nonostante Roma avesse usato il pugno di ferro per fiaccare la resistenza istriana, il Console Vulsone,infatti aveva ordinato di uccidere tutti e di non fare prigionieri perché fosse di esempio per i sopravvissuti. Lo stesso re Epulo scelse la via del suicidio. Gli altri capi vennero decapitati dopo aver subito la flagellazione, mentre gli altri soldati sopravvissuti vennero venduti insieme alla cittadinanza arricchendo il bottino di guerra romano. conosciuto il destino dei suoi soldati. Una delle ragioni per cui T. Livio sorvola su questi particolari, potrebbero essere le gelosie esistenti fra Vulsone appunto e il Console Pulcher, di cui si voleva anticipare l'arrivo con la vittoria definitiva sull'Istria.A questa conseguì una gestione molto dura da parte di Roma, con una rigorosa politica fiscale che certo non rese più graditi i nuovi dominatori. Gli Istri quindi attendevano solo il momento propizio per ribellarsi.
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